Di Aberto Bogo, educatore professionale Comunità Minerva e regista.
I film horror ci hanno sempre parlato sia delle paure sociali che di quelle più psicologiche, ma oggi lo fanno con una nuova e maggiore consapevolezza, che è quella che il cinema horror è diventato un genere adulto e nonostante attiri sempre una grande fetta del pubblico adolescente, questo tipo di cinema viene da tempo presentato ai grandi festival del cinema (Cannes, Berlino, ecc…) e da quando nel 1990 un film dichiaratamente horror come Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme ha vinto ben 5 premi oscar (fra i quali miglior film), tutto il cinema “della paura” ha trovato sempre più spesso il modo di trasformarsi in cinema “d’autore”. Molto del nuovo cinema dell’orrore è fondato su una grande, sostanziale paura: quella della crescita. L’adolescenza, soprattutto, è di per sè qualcosa che richiama non proprio vagamente al mostruoso. In questa contemporaneamente splendida e terribile età di mezzo i “quasi ragazzi” vedono i loro corpi mutare, gli arti allungarsi in modo rapido e non sempre proporzionato, i peli crescere. Anche le “quasi ragazze” con la comparsa del primo ciclo hanno a che fare con un “orrore” che viene da dentro, che, seppur accompagnato da una si spera adeguata preparazione da parte dei genitori, rimane sempre uno scoglio traumatico da affrontare. Non voglio assolutamente banalizzare tutte le sfaccettature psicologiche che appartengono a questa particolare età, ma semplicemente ricordare perché cosi tanto cinema dell’orrore si è nutrito e sembra continuare a nutrirsi degli adolescenti. Per primo l’adolescente, con i suoi cambiamenti fisici ed ormonali è metafora naturale della paura di cambiare, dell’ignoto, ecc…più di quanto lo siano i bambini, gli adulti, gli anziani. Poi perché il tema, strautilizzato “dal cinema della paura” di una corporeità cangiante, che angoscia chi la sta vivendo, si adatta benissimo ad essere messa in immagine. L’adolescente, dunque, che si sente essenzialmente inadeguato, creatura ibrida in una “terra di mezzo” dello sviluppo, è già di per sé un freak rappresentabile e oggetto significante di un orrore talmente entrato a far parte dei meccanismi del cinema di cui stiamo parlando da diventare insostituibile.
L’adolescente è mostro naturale, ideale vittima ed ideale carnefice di un cinema che, soprattutto in quello dagli anni ottanta verrà chiamato “BODY HORROR”, diventerà lo strumento ideale per portare su pellicola la paura più difficile da rappresentare in un arte che privilegia il senso della vista, ovvero quella del decadimento e dell’annientamento del nostro corpo. Il body horror (detto anche horror biologico) è un sottogenere del genere horror, soprattutto cinematografico, in cui i sentimenti di orrore e paura nello spettatore vengono creati attraverso la rappresentazione di deformità fisiche del corpo; temi ricorrenti sono per esempio mutazioni genetiche, malattie deturpanti, mutilazione e così via. Questi elementi possono essere combinati con altri propri dell’horror psicologico, per cui la deformità del corpo si accompagna alla degenerazione mentale dell’individuo; un esempio classico in questo senso è La mosca. Il concetto di deformità è spesso caricato di significati allegorici; il già citato La mosca, per esempio, viene talvolta interpretato come allegoria della vecchiaia, e Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York – tratta attraverso la deformità fisica anche il tema del trauma conseguente a uno stupro. Nella letteratura horror, il body horror è rintracciabile il molti lavori di Clive Barker, William S. Burroughs e Mike Philbin. Fumetti e graphic novel non sono estranee al body horror tuttavia, come ad esempio Black Hole.
Nel campo del cinema horror, David Cronenberg è considerato lo scopritore del genere[senza fonte] e l’introduttore del concetto nel pubblico. Altri esempi di ‘body horror’ possono essere La cosa di John Carpenter, diversi film di Shinya Tsukamoto tra cui Tetsuo e il classico di Ridley Scott, Alien. L’adolescente, inoltre, si adatta benissimo ad essere sfruttato degli sceneggiatori horror perché più di chiunque altro fa parte del “rimosso”. Ma è un rimosso, giusto per prendere un pò le distanze da Freud, più conscio, più razionale, se cosi possiamo definirlo. Infatti, se è vero che per ciò che riguarda la prima e primissima infanzia la maggior parte delle persone non ha ricordi nitidi per un ovvio limite mnemonico, la pre-adolescenza e l’adolescenza fanno parte di quegli anni in cui si commettono gli errori più grandi, si fanno le cose più assurde ed insensate, cose che anni dopo “non riusciamo a credere di avere fatto in prima persona”.
Il cinema dell’orrore sfrutta da sempre gli adolescenti come soggetto per raccontare le sue terrificanti storie perché i primi a prendere le distanze dagli adolescenti stessi sono gli adulti (troppo presi a controllare, educare e, perché no, criticare gli adolescenti stessi), gli anziani (che quando invecchiano tendono di più a ricordare l’infanzia), forse gli adolescenti stessi che non si vogliono specchiare in un cinema che cerca di rappresentarli e che dunque si confronta con l’utopia di razionalizzare l’irrazionalizzabile, corrispondente a quel periodo della vita spesso indecifrabile che è l’adolescenza. Provocatoriamente potrei affermare “Avete mai sentito dire la frase Gli anziani di una volta erano diversi?”. E’ soprattutto riguardo l’ adolescenza e la pre-adolescenza che si tende a prendere le distanze (ancor più che sull’infanzia a mio parere). Gli adulti e gli anziani ripeteranno sempre all’infinito che “noi a quell’età eravamo diversi” perché è difficile accettare e ancor più doloroso ricordare a distanza di anni quel periodo di squilibrio così forte in cui ci si sente cosi soli con i propri, ancora in costruzione, valori. Ne consegue che è difficile accettare questo Eterno Ritorno del dolore della crescita, sempre uguale a se stesso nei contenuti ma estremamente cangiante per quanto riguarda forme e modo in cui è rappresentato e accettato culturalmente.
Il cinema horror, cosi, sembra continuare a raccontarci come cambiano, nella forma, ma forse non nella sostanza, le paure dell’adolescenza. Proprio di recente, film appassionanti e spaventosi come It Follows (Robert Mitchell) che ci parla delle paure legate al sesso facile oppure Unfriended (Levan Gabriadze) che racconta dei pericoli delle chat, possono rappresentare degli spunti interessanti anche per genitori curiosi di sapere quale mondo stanno cercando di affrontare i loro figli adolescenti.
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