Siamo di ritorno dal viaggio in Benin: un viaggio questa volta particolarmente difficile, che ci ha costretto a fare i conti con una realtà dura e con uno straordinario imprevisto da gestire. Andiamo per ordine.
Appena arrivati, ci sono balzati agli occhi gli esiti tangibili delle scarse piogge di quest’estate e del lungo periodo di siccità seguente; arrivati a Sokponta, il villaggio dove siamo al lavoro per la realizzazione del progetto, i nostri partner di progetto ci hanno descritto una situazione di povertà diffusa in crescendo, per la quale è difficile trovare prodotti nei mercati e acqua.
Inoltre, da qualche settimana era in via di diffusione un’epidemia di febbre Lassa (una febbre emorragica simile all’Ebola, ma fortunatamente con un tasso di mortalità molto inferiore), sembra proveniente dalla Nigeria: abbiamo consultato il sito dell’OMS, dal quale si apprende che la notizia era stata pubblicata sul portale proprio proprio il giorno della nostra partenza dall’Italia. Non ci sono dati precisi, e comunque non ci sono indicazioni specifiche neanche sul sito della Farnesina.
A questo punto, ci siamo trovati di fronte ad una scelta: rimanere, esponendo i volontari ad un rischio non calcolabile in assenza di dati ed informazioni, o rientrare in Italia, interrompendo il lavoro avviato e togliendo il sostegno ai nostri colleghi beninesi. Da considerare anche che la nostra presenza avrebbe inevitabilmente inciso sulle limitate riserve di acqua dei nostri ospitanti.
Inutile dire che è stato molto difficile prendere questa decisione, che alla fine ha fatto prevalere la necessità di tutela dei volontari che partecipavano al viaggio, sulla volontà di continuità di lavoro e di solidarietà con i nostri colleghi locali. A causa della non disponibilità di voli per l’Italia, siamo stati costretti comunque a trattenerci una settimana: non l’abbiamo sprecata, anzi abbiamo sostituito l’attività di visite mediche nei villaggi con
– lavoro sanitario di riorganizzazione delle disponibilità farmaceutiche,
– contatti con le realtà sanitarie della zona per concordare un piano di informazione e prevenzione come previsto dal nostro progetto
– lavoro di consolidamento e ampliamento della rete di partner locali, attraverso incontri ed interviste con partner formali (ad esempio la ONG “Les paillons” ) ed informali (insegnanti locali, autorità religose, gruppo di donne che gestiscono insieme la “boulangerie” locale etc.)
– Lavoro di collaborazione e sostegno nella gestione e sviluppo dell’ospedale con i colleghi locali dell’Associazione L’Abbraccio, fondatrice dell’ospedale pediatrico.
Nonostante il clima di fatica per il periodo incerto che il Benin sta attraversando, tutte queste attività hanno visto il diretto e attento coinvolgimento nostro e dei partner locali, permettendo una migliore definizione delle attività future ed un consolidamento dei rapporti di collaborazione già esistenti, ma di cui è necessaria una continua cura e “manutenzione” . Il prossimo viaggio, nella speranza che l’epidemia abbia solo conosciuto un picco in remissione, è previsto per la seconda metà di ottobre 2016: tutti i partecipanti hanno confermato la disponibilità a ripartire insieme, con l’idea di realizzare quanto impedito dal rientro forzato.
Grazie ai compagni di viaggio per tutto il lavoro svolto, nonostante gli imprevisti e le scelte difficili.
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